Embolizzazione uterina: quali indicazioni?

Il trattamento mininvasivo di embolizzazione del fibroma uterino e/o della fibromatosi uterina è tecnica che sta assumendo negli ultimi anni grande rilevanza nel panorama medico nazionale ed internazionale. 

Fu eseguita sull’utero  per la prima volta intorno alla metà degli anni ’90 e ad eseguirla fu un radiologo interventista francese di nome Jacques clerissi insieme ad un ginecologo, il dr Ravina. 

Venne trattata una giovane donna con un fibroma  sintomatico che altrimenti sarebbe esitato inevitabilmente nella rimozione dell’utero ( intervento definito propriamente con il termine di  ISTERECTOMIA). 

L’embolizzazione del fibroma uterino si è poi progressivamente affermata negli anni come tecnica estremamente sicura ed efficace e, soprattutto, come validissima alternativa alla chirurgia tradizionale molto più invasiva e cruenta. 

E’ importante sottolineare che in molti casi l’embolizzazione  consente di evitare la perdita dell’utero riuscendo spesso a trattare anche fibromi multipli o di  grandi dimensioni che fino a pochi anni fa venivano trattati attraverso l’intervento di isterectomia privando quindi la donna di un organo vitale per la riproduzione e per il benessere psicofisico. 

L’embolizzazione ha poi anche il grande vantaggio di non presentare tutti i tutti quei rischi correlati all’intervento chirurgico tradizionale che, per definizione, è ovviamente più invasivo e potenzialmente gravato da maggiori complicanze. 

Negli Stati Uniti, infatti, l’embolizzazione è ormai  la tecnica di scelta ancor prima anche della semplice asportazione del singolo fibroma, anche se  è importante sottolineare che ogni donna presenta un caso a se’  ed ogni caso, dopo attenta valutazione, viene  indirizzato verso la tecnica che specificatamente per quella paziente è ritenuta la più efficace e meno rischiosa. 

E’ quindi difficile considerare l’embolizzazione universalmente una tecnica adatta a tutte le situazioni, ma va anche sottolineato che  l’affinamento negli anni della tecnica operatoria,  in associazione all’incremento progressivo  dell’esperienza dei vari operatori, ha portato questa tecnica a poter essere tranquillamente eseguita nella stragrande maggioranza  dei casi affetti da fibroma  e/o fibromatosi

L’embolizzazione risulta quindi essere estremamente efficace sia nel fibroma uterino (anche di grandi dimensioni) che nella fibromatosi uterina.

L’embolizzazione, infine, può essere eseguita con un’alta percentuale di successo anche nell’adenomiosi ( ovvero l’endometriosi dell’utero),  sia nella adenomiosi  focale che in quella diffusa. 

L’ adenomiosi può sovente associarsi ad uteri con uno o più fibromi.

Contrariamente a quanto spesso viene detto alla paziente  dai medici che ha consultato prima di arrivare al radiologo interventista, un utero che presenti in concomitanza adenomiosi e fibromi  risulta particolarmente indicato all’intervento di embolizzazione.

(per ulteriori informazioni sull’ adenomiosi e l’embolizzazione puoi visitare il sito www.adenomiosi.it.).

 Lo stesso discorso può essere fatto per la fibromatosi uterina che spesso viene considerata  non indicata   all’ intervento di embolizzazione,  o almeno così le donne spesso riferiscono al radiologo interventista di aver sentito dal proprio ginecologo. 

Va invece sottolineato che la fibromatosi uterina è particolarmente indicata all’intervento di embolizzazione  proprio perché questa tecnica riesce a colpire (e possibilmente con una sola seduta operatoria) la totalità dei fibromi presenti nel utero.  

Per uteri che presentano molti fibromi la chirurgia tradizionale spesso risulta impossibilitata alla rimozione di tutte le masse fibromatosi ed in particolare di quelle di dimensioni estremamente ridotte che il chirurgo spesso è costretto a lasciare in sede

Tuttavia i fibromi non enucleati (ovvero rimossi dal bisturi) possono nel tempo continuare a crescere con la risultante che, a volte anche dopo pochi mesi, la malattia e la sintomatologia in particolare, può ripresentarsi. 

Per questa serie di ragioni l’embolizzazione dovrebbe sempre essere presa seriamente in considerazione in presenza di fibromi multipli proprio perché la  recidiva di malattia  ha ampiamente mostrato  di essere  sensibilmente minore rispetto ai risultati delle  tecniche chirurgiche tradizionali. 

Nella nostra casistica la recidiva di malattia a 5 anni non supera il 6- 7% delle pazienti trattate quando invece la chirurgia  mostra, in accordo a diversi studi nella letteratura scientifica internazionale, una recidiva di malattia  pari a circa il venti-trenta percento a soli 2 anni.

 L’embolizzazione concettualmente è tecnica molto semplice perché si esegue attraverso un piccolo foro a livello dell’inguine di destra da dove si introduce un sottilissimo tubicino di plastica, chiamato catetere vascolare, che viene poi avanzato fino alla vascolarizzazione arteriosa dell’utero da qui verranno iniettate delle piccolissime particelle ( chiamate embolizzanti)  che andranno ad occludere la fitta rete di vasi e nutrienti al fibroma. 

La tecnica  può essere eseguita sia in anestesia locale che, per alcuni casi selezionati,  anche in anestesia spinale o epidurale.  

In mani esperte, perché per la buona riuscita dell’intervento l’esperienza dell’operatore assume particolare rilievo, l’embolizzazione permette di ottenere una significativa e definitiva riduzione delle dimensioni del mioma o dei miomi con un successo tecnico pari quasi al 99% ed un successo clinico fino al 97% per la  totale cessazione dei sintomi correlati alla patologia fibromatosa  (emorragie, incontinenza, stipsi, senso di pesantezza in addome ecc). 

Parleremo poi più in dettaglio della tecnica di embolizzazione nei paragrafi successivi.

Il percorso

Ogni paziente viene inquadrata a livello clinico e generalmente questo avviene da parte del ginecologo

Una visita ginecologica è sempre consigliabile in quanto consente il corretto inquadramento clinico della paziente anche nell’ottica di poter escludere l’eventuale presenza di altre affezioni: il ginecologo valuterà l’entità e la durata di eventuali menometrorragie, potrà inoltre valutare tutta una serie di parametri oltre ché l’emocromo ed i valori di ferritinemia e sideremia, infine richiedere un pap test e, se necessario, un’ ulteriore ecografia pelvica.

 Il radiologo interventista sulla base anche delle indicazioni del ginecologo potrà richiedere ulteriori esami diagnostici come la  risonanza magnetica

Nei nostri centri la risonanza pre-intervento non è sempre indispensabile e la sua eventuale esecuzione viene valutata caso per caso.

Il radiologo interventista valuterà il caso anche in base alle indicazioni del ginecologo ed informerà la paziente di tutte le specifiche tecniche dell’intervento  illustrandole dettagliatamente i pro ed i contro della tecnica relativamente alla situazione  che si troverà a dover affrontare. 

Infine, l’anestesista eseguirà le proprie valutazioni in relazione al tipo di anestesia più indicata per la paziente ed il suo utero.

2 giorni prima dell’intervento la paziente eseguirà un pre-ricovero durante il quale verranno attentamente valutati tutti i suoi parametri ed eseguite delle visite di routine per far in modo che la donna arrivi all’intervento nelle condizioni ottimali

Verranno poi eseguiti degli esami ematici e strumentali a seconda del caso e della situazione di ogni singola paziente. Non dovrà  essere assunto cibo dalle 24.00 del giorno precedente all’intervento e sarà necessario segnalare, una volta in corsia, le eventuali allergie o intolleranze anche al personale infermieristico. 

Il medico che eseguirà l’intervento dovrà dettagliatamente informare  la paziente su ciò che andrà ad eseguire, dei potenziali benefìci e dei possibili rischi attraverso la compilazione di un consenso informato specifico per questa procedura.

Embolizzazione: come si esegue

L’embolizzazione del fibroma uterino, come già specificato, è una procedura di radiologia interventistica e pertanto richiede l’utilizzo della guida fluoroscopica (metodica di radiologia o imaging che utilizza un fascio di raggi x continuo; questo fascio penetra il segmento corporeo da visualizzare mostrando in real time, ed in maniera del tutto dettagliata, sia l’anatomia che i movimenti del materiale operatorio all’interno del corpo).

Quando si esegue l’embolizzazione del fibroma uterino l’operatore cerca, nel minor tempo possibile, di bloccare in modo permanente  l’apporto ematico ( in altre parole il rifornimento di sangue), all’utero.

Per fare questo  si avvale di un piccolissimo tubicino chiamato catetere vascolare che ha un diametro di circa 2 mm e mezzo che il radiologo interventista introduce all’inguine praticando preventivamente un piccolissimo foro sulla cute inguinale, sotto anestesia locale, la stessa anestesia che esegue il dentista. 

Un semplice pomfo sottocutaneo che permetterà al radiologo di introdurre il materiale e di manovrarlo fino all’utero senza alcun dolore per la paziente. 

Il catetere è quindi introdotto dall’inguine e sospinto all’interno dell’arteria femorale comune, e una volta nel vaso verrà fatto Navigare fino alle due arterie uterine che, una volta raggiunte dal catetere, potranno essere embolizzate, grazie all’utilizzo di particelle sferiche, chiamate particelle embolizzanti.

Le particelle infatti, verranno iniettate attraverso il catetere per andare a disposizione esattamente in tutti i fibromi presenti nell’ utero. 

Una volta embolizzati tutti i fibromi è appurato che non ci sia più rifornimento ematico all’interno degli stessi, il radiologo estrae il catetere vascolare e comprime per qualche minuto il forellino di entrata all’inguine senza alcuna necessità di punti di sutura

Generalmente l’intervento dura pochi minuti, la durata ideale non dovrebbe superare i 20-25 minuti al massimo. Una durata limitata nel tempo non espone infatti la paziente a radiazioni ionizzanti significative quindi non la espone a danni biologici di alcun tipo. 

Per la mini invasività dell’intervento i rischi di sanguinamento ed eventuale trasfusione ematica sono praticamente nulli ed infatti questo intervento è anche particolarmente indicato per tutte quelle pazienti ad alto rischio di sanguinamento  che non sono favorevoli a ricevere una trasfusione ematica.

Dopo la procedura

Una volta terminato l’intervento la paziente viene accompagnata in corsia per rimanere in struttura circa 48 ore.

La permanenza in clinica è principalmente dovuta al trattamento del dolore post operatorio che si presenta al termine dell’intervento (l’intervento infatti è completamente indolore, la paziente non avverte alcunché fino al termine della procedura) e può avere una durata di circa 4-8 ore dopodiché tende sempre di più a scemare. 

Il dolore, tuttavia, viene controllato dalla terapia antalgica precedentemente somministrata alla paziente in base anche al tipo di anestesia che viene utilizzata (elastomero in vena, anestesia spinale, anestesia peridurale). 

Dopo appunto 48 ore la paziente viene dimessa per essere seguita da casa dallo stesso radiologo che caso per caso saprà consigliare i migliori presidi per una convalescenza che, tuttavia, è generalmente agevole e scevra da problematiche di rilievo

In qualche caso  la paziente può  riferire la permanenza di dolori in sede pelvica anche durante la convalescenza; una buona terapia con antidolorifici è in grado di controllare i vari dolori che fortunatamente tendono a passare in pochi giorni.

Piccole perdite ematiche continue nei primi giorni oltre che un aumento lieve della temperatura corporea possono evidenziarsi soprattutto nei primi giorni di convalescenza. In media i tempi di recupero dopo intervento di embolizzazione sono pari a circa 3-5 giorni, dopodiché sarà possibile tornare a pieno ritmo alla propria vita, attività sportive comprese.

Follow up

Per un’ottima riuscita dell’intervento non è solo importante applicare in modo corretto la tecnica operatoria ma è altresì altrettanto importante seguire la paziente nel tempo programmando in maniera accurata visite ed esami diagnostici da eseguire. 

Il follow up deve essere attentamente programmato in base al singolo paziente, ma generalmente i controlli vengono eseguiti a 3 mesi con una ecografia pelvica e a 6 e 12 mesi con ecografia o risonanza magnetica con mezzo di contrasto a seconda della paziente del caso specifico.

Mentre l’efficacia sulla menometrorragia è spesso immediata o al massimo dopo poche settimane dall’intervento, la riduzione del fibroma richiede necessariamente più tempo, ma anche questa appare essere variabile da paziente a paziente.

In molti casi già a 3-4 mesi è possibile notare una diminuzione di almeno il 30% del fibroma anche se e ad un anno che è possibile valutare definitivamente la percentuale di riduzione del fibroma/fibromi. 

Come già sottolineato, tuttavia, i fibromi continuano a ridursi negli anni fino nei casi più favorevoli a scomparire praticamente del tutto. 

Durante il follow up il Team di embolizzazione del Dr. Lupattelli segue costantemente la paziente con un supporto quotidiano nell’ ottica di poter accompagnarla alla guarigione in completa serenità e sicurezza. 

Qualsiasi dubbio o eventuale problema troverà sempre risposta in meno di 24 ore. 

Sebbene il post operatorio sia scevro da grosse problematiche, il Team di embolizzazione è comunque organizzato e strutturato proprio per poter essere costantemente presente e vigile per qualsiasi evenienza. 

Oltre infatti all’esperienza operatoria è a nostro avviso estremamente importante aver la capacità e le competenze per gestire anche a livello clinico la patologia fibromatosa ed ogni possibile necessità della donna che si affida a noi.

Risultati, pro e contro dell’embolizzazione del fibroma uterino

L’embolizzazione del fibroma  uterino è una tecnica in costante crescita dal primo intervento  eseguito nel 1995 dal Dr Jacques Clerissi. 

Ad oggi sono state eseguite nel mondo più di un milione di embolizzazioni dell’arteria uterina per il trattamento del fibroma e della fibromatosi.

 In accordo alle casistiche più accreditate e riportate nella letteratura medica internazionale la sintomatologia associata al mioma ( menorragia, senso di peso all’addome incontinenza urinaria, dolori alla colonna vertebrale ecc ) scompare definitivamente nel 83- 98% di casi trattati.

Al controllo, eseguito generalmente con risonanza magnetica con mezzo di contrasto ad un anno, le dimensioni del fibroma mostrano una riduzione  di almeno il 50% in almeno il 70-l’80% delle pazienti

In molti casi si continua poi ad osservare negli anni la progressiva riduzione delle dimensioni della massa o delle masse miomatose  dell’utero fino alla pressoché loro scomparsa

Ovviamente per masse di dimensioni considerevoli ( > 13-15 cm di diametro) è pù difficile che si osservi la pressoché totale riduzione del tumore, che comunque potrà diminuire considerevolmente. 

Alcune donne con fibromi di dimensioni importanti dopo embolizzazione, non solo hanno osservato la totale scomparsa della sintomatologia correlata al fibroma, ma sono riuscite nel tempo anche a concepire.

 Diverse casistiche presenti nella letteratura scientifica internazionale riportano a volte risultati meno eclatanti e ciò è dovuto principalmente ad un tasso di insuccesso tecnico e quindi di conseguenza anche clinico dovuto principalmente alla minore esperienza di alcuni operatori rispetto ad altri trattandosi, come già sottolineato, di tecnica relativamente recente in ancora molti centri. 

Nei centri dove invece l’embolizzazione viene eseguita da molti anni in maniera estensiva i risultati appaiono sicuramente molto migliori e con percentuali di fallimento e recidiva sicuramente molto limitati.  

La percentuale di complicanze maggiori dopo embolizzazione ( sanguinamenti, trombosi, sepsi…)  viene stimata meno dell’ 1% ma anche queste possono variare da struttura a struttura a seconda delle varie esperienze e casistiche.

In centri ad alto flusso di pazienti che si sottopongono ad embolizzazione,  complicanze maggiori in pratica è veramente rarissimo si possano verificare. 

Possiamo infatti affermare senza dubbio che, grazie alla sua mininvasività ed al fatto che non vengono mai eseguiti né tagli nè suturel’embolizzazione è attualmente la tecnica in assoluto più sicura per il trattamento del fibroma o dei fibromi uterini

 L’amenorrea definitiva (la perdita permanente del ciclo mestruale) mostra percentuali inferiori al circa il 5-% nelle pazienti con età compresa fra i 45 ed i 48 anni. Sopra i 50 anni di età, avvicinandosi ovviamente il periodo della menopausa, le percentuali di amenorrea definitiva possono sicuramente aumentare ma in centri di comprovata esperienza mostrano non essere comunque superiori al quindici-venti percento. 

Sotto i quarant’anni invece l’amenorrea è evento rarissimo, mai evidenziatosi nella nostra esperienza che comprende una casistica dal 2001 di  più di 3000 pazienti operate per fibroma uterino o adenomiosi mediante embolizzazione.

Una amenorrea temporanea può manifestarsi in tutte le classi di età ma generalmente ha una durata inferiore ai 3 mesi e non comporta alcun tipo di problematica alla paziente.

Quando poi l’embolizzazione viene comparata alle tecniche di chirurgia tradizionale le complicanze maggiori come l’infezione, la sepsi, l’emorragia, risultano essere minori in assenza di qualsiasi cicatrice in addome e sull’ utero. 

La ripresa di tutte le attività, come facilmente intuibile, è sicuramente molto più veloce rispetto alle tecniche di chirurgia tradizionale e la soddisfazione della paziente dopo questo intervento  indubbiamente molto alta.

Come già specificato in precedenza  la recidiva di malattia a 5 anni non supera il 6- 7% delle donne trattate, a differenza delle tecniche chirurgiche di rimozione del fibroma o degli ultrasuoni  che sono invece gravate da recidive  maggiori.

E’ quindi opinione sempre più diffusa che l’embolizzazione, per la sua bassissima invasività, e per le basse complicanze in particolare quelle maggiori, è sempre  più destinata a diventare in futuro la tecnica di scelta per il trattamento della maggior parte dei fibromi uterini. 

Come sta ormai già ampiamente accadendo oltreoceano, negli Stati Uniti e non solo, dove la tecnica mostra avere già una grandissima diffusione.

Infine, è estremamente importante sottolineare che l’embolizzazione non inficia la capacità della paziente di avere una gravidanza

Sono moltissime ormai le donne che riportano una o addirittura più gravidanze dopo l’embolizzazione a riprova del fatto che questa tecnica appare molto sicura ed in grado di preservare tutte le funzioni dell’utero. 

In molti centri di fertilità assistita viene spesso consigliata in sostituzione della miomectomia nell’ottica di scongiurare cicatrici che purtroppo sono inevitabili dopo un intervento di chirurgia tradizionale per rimozione del fibroma.

Sono stati riportati casi sporadici di complicanze più o meno ascrivibili all’embolizzazione che potrebbero aver ridotto la fertilità, ma se possono essere quantificati in termini percentuali devono essere considerati ampiamente sotto l’1% e prevalentemente in pazienti con età superiore ai 45 anni.

Esame di risonanza magnetica con mezzo di contrasto post embolizzazione. L’esame evidenzia fibromi completamente devascolarizzati ( masse rotondeggianti ipointense – grigie – da qualche millimetro fino a diversi cm di diametro). L’utero iperintenso( bianco) appare completamente vascolarizzato in assenza di qualsiasi area ischemica.

Embolizzazione inefficace. A due anni di distanza i fibromi mostrano all’esame RM cin mdc pressochè completa rivascolarizzazione.

Conclusioni

Possiamo concludere che l’embolizzazione uterina è tecnica estremamente sicura ed efficace gravata da percentuali di complicanze bassissime in particolare se comparata con altre procedure per il trattamento dei fibromi. 

Non richiede la necessità di trasfusioni ematiche anche in caso di pazienti che presentano forti sanguinamenti e anemia conclamata, non compromette la fertilità e anche in caso di fibromi multipli presenta recidive limitate senza quindi il rischio di dover reintervenire più volte.

È tuttavia sempre possibile riembolizzare nel caso remoto la paziente dovesse richiedere un secondo trattamento di embolizzazione. 

I risultati di questo intervento sono strettamente correlati all’esperienza di chi la esegue che deve anche saper seguire nel tempo la paziente, pertanto è sempre consigliabile affidarsi a centri dedicati e con un’esperienza significativa in questo campo.

EMBOLIZZAZIONE PROEMBOLIZZAZIONE CONTRO
  
MININVASIVA ( forellino cutaneo di 2-3 mm)              RIDUZIONE E NON SCOMPARSA del fibroma
  
ANESTESIA LOCALE o SPINALE                             NON POSSIBILITA’ DI FARE BIOPSIA del fibroma
  
DEGENZA di sole 48 ore                                            RISULTATI STRETTAMENTE CORRELATI ALL’ ESPERIENZA DELL’ RADIOLOGO ( se casistica inferiore a 400-500 casi)
  
ASSENTE RISCHIO DI TRASFUSIONE                    POSSIBILE DOLORE post OPERATORIO tuttavia se presente non inferiore a quello della  chirurgia)  
  
MINORI RECIDIVE DI MALATTIA                                
  
TRATTAMENTO DI TUTTI I FIBROMI PRESENTI NELL’ UTERO (anche < 2 mm) 
  
NESSUNA CICATRICE in addome e utero 
  
RITORNO RAPIDO A TUTTE LE ATTIVITA’ QUOTIDIANE. 

Le 10 domande più frequenti sull’embolizzazione del fibroma

Durante la mia attività, che ormai ha abbondantemente superato i 20 anni nel campo dell’embolizzazione, mi trovo spesso a dover rispondere a domande che sono un po’ lo standard durante le mie visite in studio con le pazienti.

Le voglio riproporre qui in modo da facilitare ancora di più la comprensione del fenomeno fibroma ed embolizzazione sperando che magari molte di voi che verranno a trovarmi nelle sedi in cui lavoro, per conoscermi e conoscere di più sull’embolizzazione, possano aver già trovato risposta ad almeno qualche lecito dubbio che può insorgere nell’avvicinarsi a questo trattamento.

Posso tranquillamente assegnare la medaglia d’oro a questa domanda che sale di diritto nel posto più alto del podio.

1) Dottore ho un fibroma molto grande, nel mio caso si può comunque embolizzare? (perché spero tanto che Lei mi dica che si può fare ma ho paura che il mio fibroma sia veramente  troppo grande)

Risposta: Si possono ormai embolizzare tutti i fibromi salvo eccezioni rarissime, indipendentemente dalle dimensioni ( per fibromi superiori a 20 cm sarà il medico a valutare la situazione caso per caso)

Anche questa domanda è molto gettonata dalle mie pazienti

2) Dottore ho tanti fibromi ed il ginecologo mi dice che non si può embolizzare!

Risposta: ammesso che per l’embolizzazione sia sempre consigliabile interpellare un radiologo interventista, l’embolizzazione consente di trattare tutti i fibromi nell’utero, anche quando sono moltissimi. L’embolizzazione anzi è particolarmente indicata per la fibromatosi proprio perchè le tecniche chirurgiche non riescono a rimuoverli tutti ed in una sola seduta. L’embolizzazione invece li colpisce generalmente tutti, spesso anche dopo una sola embolizzazione.

Questa invece viene sempre espressa con un discreto timore

3) E’ vero che dopo embolizzazione avrò un utero che non sarà più fertile?

Risposta: FALSO. Sono moltissime le donne che hanno procreato dopo embolizzazione. Molte poi avevano situazioni difficili, fibromi multipli o grandi ma ce l’hanno comunque fatta. Le complicanze post embolizzazione sono molto rare soprattutto sotto i 40 anni. In queste pazienti la menopausa è ancora lontana generalmente ed il rischio di andare in menopausa molto basso, praticamente quasi nullo. In qualche rara paziente con un incidenza di circa 1% si può verificare un assottigliamento dell’endometrio che quindi poi andrebbe stimolato se si vuole avere una gravidanza. La tecnica è molto sicura, in molti centri di fecondazione assistita viene addirittura ormai preferita alla miomectomia.

4) L’embolizzazione del fibroma fa male?

Risposta: durante l’intervento non sentirai nulla. I dolori all’utero ( simili a mestruazioni forti) possono comparire subito dopo l’intervento e durare in maniera considerevole per una media di 4-8 ore. Ognuno poi reagisce a modo suo, pertanto alcune pazienti riportano pochissimo o addirittura nessun dolore per tutta la degenza, altre invece lamentano dolori più forti. Vengono somministrati comunque dei farmaci, che alleviano anche di molto, la sintomatologia dolorosa. Per quasi tutti i casi eseguiamo un anestesia spinale o anche un’anestesia epidurale. Con quest’ ultima la pelvi è totalmente anestetizzata e la paziente non sentirà alcun dolore per tutta la durata del ricovero. Per cui la paziente sotto epidurale non avrà alcun male.

5) Ma è possibile che invece che il fibroma vengano embolizzati altri organi con il rischio di  complicanze?

Risposta: in mani esperte questo non succede, certo nessuno è infallibile ma per fortuna nella nostra esperienza di più di 3000 embolizzazioni dell’utero ciò non si è  mai verificato. Tuttavia è una complicanza che può verificarsi quando ancora l’operatore non ha una grandissima storia con questa embolizzazione ( anche se è molto esperto in altre). Se infatti non ha eseguito almeno 400-500 embolizzazioni uterine, il rischio di embolizzare il gluteo o anche altro non è così infrequente. Pertanto la soluzione è semplicemente quella di affidarsi ad interventisti che facciano abitualmente questa procedura e nessun embolizzazione non target avrà mai luogo.

6) Il ginecologo mi dice che devo togliere il fibroma e non embolizzare perchè così potremo vedere se si tratta invece di sarcoma ( tumore maligno) mentre con l’embolizzazione poi non sarebbe possibile capirne la natura. E’ quindi rischioso embolizzare?

Risposta : Assolutamente no. Perchè i fibromi maligni già all’ecografia possono avere caratteri riconoscibili per fare diagnosi ed inoltre crescono velocemente e hanno dimensioni notevoli.  Se hai un fibroma da più di tre anni puoi stare tranquilla. Non è un sarcoma. Tuttavia in caso di sospetto di sarcoma bisogna tenere conto che con una Risonanza magnetica con mezzo di contrasto è  possibile riconoscerlo.  Il sarcoma uterino tuttavia è molto raro, è stimato essere presente in una donna su 550-1400 con fibromi di grandi dimensioni ( a seconda delle casistiche pubblicate in letteratura scientifica).

7) Un fibroma può diventare maligno nel tempo?

Risposta: La degenerazione del fibroma uterino in sarcoma è evento rarissimo: è stimato avvenga in un fibroma su circa cinquantamila ( si proprio così, 1 su 50.000)

8) Sarò sveglia quando mi opera?

Risposta: sì sarai sveglia cosi ci farai anche compagnia visto che per noi dell’equipe passare tanto tempo in sala può essere anche un po’… monotono alla fine. Ci racconterai un po’ di te e vedrai che così il tempo passerà prima.  Se però preferisci dormire, potrai anche farlo, ti sederemo lievemente. Quando ti sveglierai sarà già tutto finito.

9) Quando potrò tornare alla mia vita di tutti i giorni?

Risposta: se hai sanguinamenti ed emorragie la vita di tutti i giorni sarà sicuramente migliore di quella di prima in quanto i sanguinamenti generalmente si bloccano quasi da subito. In 7 giorni circa l’80% delle donne torna ad una vita pressoché normale. Se hai un fibroma che deforma l’addome vedrai progressivamente la pancia appiattirsi nel tempo.

10) Perchè il ginecologo non me ne ha parlato o mi dice che è meglio operare chirurgicamente? Dice inoltre che è ancora una tecnica sperimentale.

Risposta.  Personalmente la eseguo da 20 anni e non posso certo essere d’accordo. Non è sperimentale, anzi sta crescendo tantissimo in tutto il mondo. Il ginecologo, in buona fede, potrebbe comunque essere  dell’avviso che il fibroma o l’utero debba essere asportato.

Riguardo all’asportazione del solo fibroma la paziente dovrebbe consultare entrambi gli specialisti ( ginecologo e radiologo interventista) e, perchè no, anche possibilmente farli entrare in contatto per farli discutere insieme del caso. Ciò purtroppo non avviene molto spesso, tuttavia una volta sentite entrambe le opinioni farà la scelta che reputa più adatta alla sua situazione. Noi crediamo molto nell’embolizzazione ma anche la ginecologia ha tecniche efficaci per rimuovere un fibroma. Per quanto riguarda l’asportazione dell’utero siamo fermamente convinti che quando possibile sia sempre meglio mantenerlo in sede (quindi sottoporsi ad embolizzazione e non ad isterectomia) per la minore invasività e per  evitare possibili sequele della rimozione dell’utero che, in qualche caso,  possono complicare la qualità di vita della paziente.

Domanda di riserva: potrei poi essere seguita da un ginecologo nella mia zona che approva l’embolizzazione?

Risposta: Se il tuo ginecologo non dovesse supportare la tua scelta o non essere collaborativo rispettando la tua decisione di volerti sottoporre alla tecnica mininvasiva di embolizzazione  collaboriamo ormai con molti ginecologi sul territorio italiano e anche all’estero che saranno lieti di affiancarci durante il tuo follow up.

Caso clinico

Paziente di 38 anni affetta da fibroma dal 2004 che presenta severo sanguinamento intramestruale con severa anemia ( 7.2). La paziente si presenta nel 2006 in urgenza in struttura e si opta per 

l’ embolizzazione delle arterie uterine. L’ esame angiografico con catetere posizionato in arteria uterina di destra mette in evidenza la presenza di un fibroma di circa 8 cm ( fg 1). L’esame angiografico con catetere posizionato in arteria uterina sinistra evidenzia prevalentemente la vascolarizzazione dell’utero ( fig 2). Angiografia post embolizzazione che evidenzia la totale devascolarizzazione del mioma dopo iniezione di materiale embolizzante attraverso il catetere ( fig 3). A sinistra si embolizza in maniera più blanda in quanto l’arteria uterina sinistra rifornisce prevalentemente l’utero ( fig 4).

Fig. 1
Fig. 2
Fig. 3
Fig. 4

La paziente è stata dimessa dopo 48 ore con l’immediato blocco dei sanguinamenti e il progressivo innalzamento dei valori dell’emoglobina. Al 2020 la paziente non ha presentato alcuna recidiva di malattia e presenta tuttora un ciclo regolare. 

Embolizzazione fibroma uterino