Diagnosi e imaging

La scoperta della presenza di un fibroma uterino avviene generalmente durante la visita di controllo annuale che la paziente esegue come routine, spesso in concomitanza del pap test per scongiurare una patologia al collo dell’utero. Infatti alla visita annuale con pap test il ginecologo dovrebbe comunque eseguire sempre un’ecografia della pelvi e cio’ consente facilmente di scoprire l’eventuale presenza di uno o piu’ fibromi. 

Ecografia

L’ecografia è l’esame di primo livello e viene eseguita o per via intravaginale se il paziente si rivolge ad un ginecologo o per via transpubica a vescica piena se ad eseguire l’esame e’ invece un radiologo. L’ecografia e’ un esame di semplice esecuzione, richiede pochi minuti ed e’ in grado di descrivere molto accuratamente la sede e l’estensione del fibroma. Puo’ anche dare informazioni sulla vascolarizzazione del fibroma e se a questo si associano altre patologie, in particolare l’adenomiosi (visita anche www.adenomiosi.it). Con l’ecografia il medico valutera’ anche lo stato di entrambe le ovaie. L’ecografia non riechiede particolare preparazione da parte della paziente se non bere un litro, un litro di acqua due ore prima dell’esame se questo viene eseguito da un radiologo. Infatti e’ importante che in questo caso la vescica sia distesa in modo che possa facilitare il passaggio degli ultrasuoni.

L’ecografia infine puo’ essere richiesta anche in caso di controlli post operatori perche consente di valutare con buona accuratezza gli esiti di qualsiasi intervento all’utero.

In caso di fibromi multipli con un utero marcatamente aumentato l’esame ecografico puo’ presentare maggiori difficolta’ per la classificazione e l’estensione della patologia. In questi casi il medico puo’ riservarsi di richiedere un esame di secondo livello come la Risonanza magnetica con o senza mezzo di contrasto.

Risonanza magnetica (RM)

E’ un esame di secondo livello e puo’ essere richiesto dal medico quando le informazione richieste devono essere piu’ dettagliate rispetto a quelle fornite dall’ecografia. Consente infatti di valutare piu’ accuratamente non solo la grandezza, l’estensione e la vascolarizzazione ( se eseguita con mdc) del fibroma ma permette anche di valutare molto piu’ attentamente tutte le strutture intorno all’utero e all’interno della pelvi.

Inoltre potendo valutare molto bene la vascolarizzazione del fibroma e’ estremamente utile per sancirne la completa devascolarizzazione in caso di pregressa embolizzazione. Come gia’ specificato precedentemente in caso di fibromatosi o presenza di un fibroma molto grande (superiore ai 12-15 cm) consente di delinearne accuratamente i margini ed i rapporti con le altre strutture adiacenti. E’ poi degno di nota il fatto che in caso di sospetto di patologia di natura maligna ( sarcoma uterino) l’esame di risonanza magnetica e’ in grado di diagnosticare con un’ altissima sensibilita’ e specificita’ la presenza di questa neoplasia che, essendo molto rara, puo’ sfufggire nelle fasi iniziali al medico. Pertanto ad oggi l’esame di RM con mdc consente di escludere totalmente la presenza di patologie differenti dal mioma uterino che e’ per definizione patologia di natura benigna. La RM con mezzo di contrasto risulta molto utile in seguito ad un trattamento di embolizzazione in quanto e’ in grado di valutare esattamente la percentuale di devascolarizzazione dei miomi, quindi sancirne la completa esclusione dal circolo arterioso.

Isteroscopia diagnostica

E’ un esame eseguito dal ginecologo che permette di studiare in maniera precisa ed accurata la cavita interna dell’utero. E’ indicata nel caso il ginecologo volesse valutare la possibile rimozione di un fibroma che aggetta molto all’interno della cavita’ uterina ( parliamo quindi di un fibroma sottomucoso) ed in questo caso da diagnostica l’isteroscopia puo’ tramutarsi nella stessa seduta in isteroscopia “operativa” perche il ginecologo asporta in concomitanza anche il fibroma. Purtroppo non sono molti i fibromi che possono essere asportati con l’isteroscopia e a volte questa tecnica puo’ anche risultare utilita’ limitata o temporanea se l’utero e’ coinvolto anche da altri tipi d fibromi; in particolare da miomi intramurali che potrebbero comunque continuare a causare sintomi, come il sanguinamento, nonostante il fibroma o i fibromi sottomucosi siano stati asportati con successo.

L’isteroscopia diagnostica e’ di particolare utilita’ quando si voglia valutare la cavita’ uterina in previsione di una possibile gravidanza. Puo’ infatti dare informazioni importante sulla compromissione della stessa da parte di fibromi intramurali che potrebbero impedire o rendere piu’ difficoltoso un impianto.

Tomografia assiale computerizzata (TC)

Viene scarsamente utilizzata nello studio dei fibromi uterini perche’ non riesce a fornire informazioni accurate come la RM nella maggior parte degli aspetti da valutare. Tuttavia puo’ avere un indicazione in fibromi dove sia necessario valutare attentamente la vascolarizzazione permettendo questa metodica un aricostruzione molto accurata delle strutture vascolari. Utile in caso di sospetto di patologia maligna per poter valutare l’eventuale presenza di linfonodi ingrossati. Infine viene a volta eseguita in pazienti che hanno chiare controindicazioni all’utilizzo del mezzo di contrasto della risonanza magnetica ( gadolinio) o non possono sottoporsi ad un esame di RM ( claustrofobia, impossibilita’ a rimanere immobili per piu di 30 minuti)

QUALI TERAPIE

 Attualmente le terapie per il trattamento del mioma uterino si dividono in 3 grandi gruppi:

  • la terapia medica,
  • l’intervento chirurgico tradizionale (isterectomia, miomectomia), 
  • l’intervento di embolizzazione e/o ad ultrasuoni.

Terapia Medica del fibroma uterino

La terapia farmacologica è in determinati casi un buon presidio per tentare di ridurre l’accrescimento della patologia ed alleviarne i sintomi associati.

Questa terapia prende il nome di terapia ormonale e deve essere prescritta alla paziente dopo un attento studio della sua situazione Clinica e del suo profilo ematico ed ormonale.

Generalmente questa terapia è comunque un palliativo perché all’interruzione della stessa i sintomi tendono a ripresentarsi dopo poco tempo ed il fibroma, se la terapia aveva mostrato successo nella ridurne la crescita, torna nella maggior parte dei casi a crescere abbastanza velocemente.  

Vi sono diverse tipologie di terapie comuni nel trattamento del fibroma e/o fibromatosi uterina:

I) terapia con estroprogestinici

Vengono utilizzati principalmente allo scopo di bloccare i sanguinamenti intra mestruali ovvero la meno metrorragia. Tuttavia la presenza della componente estrogena controindica questa terapia per periodi lunghi.

II) terapia con progestinici

 Anche questa terapia ha principalmente lo scopo di bloccare i sanguinamenti intra mestruali. A differenza della terapia con estroprogestinici  può essere anche somministrata per periodi più lunghi.

III) Terapia mediante analoghi del GNRH

Mediante gli analoghi il medico è in grado di consentire di potere osservare una riduzione delle emorragie o dei sanguinamenti.  Viene ancora utilizzata da alcuni chirurghi come presidio pre operatorio allo scopo di semplificare l’intervento chirurgico di asportazione del mioma, in quanto sotto questa terapia la paziente va incontro ad una possibile riduzione delle dimensioni della sua masse tumorale. 

Questa terapia è stata tuttavia ormai superata in quanto al sospendere della stessa i fibromi tendono in poco tempo a tornare alle dimensioni originarie, ed i sintomi correlati a ripresentarsi. 

Sono poi stati messi in commercio farmaci meno impegnativi per la paziente che non comportano la lunga serie di effetti collaterali che le la terapia con analoghi del  gnrh può comportare (atrofia vaginale, osteoporosi, aumento del colesterolo, vampate e altro). Tali effetti collaterali potevano spesso anche rendere molto difficoltosa l’assunzione degli analoghi, nonostante questa terapia abbia generalmente un periodo di assunzione  che non supera i 6 mesi. 

Negli ultimi anni è stato introdotto un nuovo farmaco, Uliprestil  ( ESMYA ), che inizialmente aveva suscitato una forte attenzione nel mondo scientifico  ginecologo. Tuttavia questo farmaco appare sempre di più mostrare i propri limiti in quanto, sebbene non presenti tutti gli effetti collaterali attribuibili agli analoghi del GNRH, conduce ad una rapida recrudescenza della sintomatologia una volta sospeso. Pertanto L’Uliprestil ha mostrato una buona efficacia fino a quando viene assunto dalla paziente, ma una volta interrotto (  in accordo ai protocolli scientifici non può essere somministrato per un periodo superiore a 12 mesi) il leiomioma torna a ricrescere ed i sintomi a ripresentarsi. 

Questo farmaco, infine, può essere somministrato dietro strettissima sorveglianza in quanto a rischio di compromettere irreversibilmente la funzionalità epatica ( motivo per cui per un periodo la sua vendita è stata anche vietato dall’ EMA, l’agenzia del farmaco, per essere poi reintrodotto con importanti limitazioni ed accorgimenti). 

La possibilità di somministrazione del Uliprestil per un periodo di tempo comunque limitato non consente quindi la guarigione della patologia e pertanto il suo utilizzo andrebbe principalmente riservato o a pazienti con forte sintomatologia e molto prossime alla menopausa o in previsione di un intervento di miomectomia ( asportazione del solo mioma preservando utero ed ovaie ) quando il chirurgo intenda tentare di ridurre il volume del fibroma /i in modo da rendere meno indaginoso e complicato l’intervento di enucleazione del leiomioma.

CHIRURGIA DEL FIBROMA UTERINO

Isteroscopia

Abbiamo già parlato precedentemente, nel capitolo della diagnostica, di questo tipo di procedura.

Il suo vantaggio principale è che ha una bassa invasività, oltre che ad essere sicuramente conservativa

La funzionalità riproduttiva dell’utero, infatti, è pienamente conservata; può essere tuttavia riservata solo a quei fibromi che aggettano all’interno della cavità uterina, quindi i fibromi che abbiamo definito come sottomucosi, con diametri generalmente non superiori ai 5 cm. Si esegue per via vaginale quindi non sono necessarie incisioni a livello dell’addome.

Il recupero è sicuramente immediato e non esitano cicatrici a livello della parete uterina con ovviamente assenti rischi di successiva rottura dell’utero in caso di un eventuale gravidanza nel tempo.

Miomectomia

Questa tecnica è sicuramente più conservativa rispetto alla totale asportazione dell’utero in quanto viene eseguita allo scopo di asportare il solo mioma uterino.

Ciò ovviamente consente di mantenere una certa fertilità anche se è ormai ben noto che dopo due miomectomie le conseguenti cicatrici all’interno dell’utero conducano ad un forte abbassamento delle capacità riproduttive dell’organo.

Inoltre in caso di fibromi multipli non consente molto spesso di enucleare tutte le masse e ciò espone la paziente a tassi di recidiva di malattia che in alcune casistiche superano anche il 30% a soli due anni dall’intervento.

 La miomectomia, essendo quindi cavata da possibili recidive, costringe il chirurgo a dover spesso  intervenire anche soprattutto a causa del ripresentarsi della sintomatologia correlata alla presenza dei fibromi uterini. 

La miomectomia può essere comunque eseguita sia per via laparotomica, quindi mediante un’incisione sulla parete addominale, che per via laparoscopica una via sicuramente meno invasiva della prima.

Per via laparoscopica il chirurgo opererà delle piccole incisioni addominali dalle quali sarà in grado di introdurre successivamente gli strumenti operatori necessari alla asportazione del mioma.

Per via laparotomica la miomectomia richiede molto spesso un’anestesia generale con  tempi di degenza che possono arrivare anche a 5 giorni. 

Più che la degenza sono i tempi di recupero che appaiono più considerevoli dopo questo tipo di intervento (30 giorni circa). 

I rischi emorragici non sono del tutto trascurabili ed alcune pazienti purtroppo richiedono una trasfusione a causa di possibili sanguinamenti durante l’intervento.

Tuttavia, il problema maggiore della miomectomia è, come già specificato in precedenza, la successiva formazione di una cicatrice della parete muscolare uterina che oltre a rendere più difficoltoso l’impianto dopo la fecondazione potrebbe esitare nella rottura dell’utero in gravidanza o durante il travaglio di parto. 

Alcuni chirurghi, quando possibile, preferiscono intervenire utilizzando la via laparoscopica in quanto sicuramente meno invasiva. Recentemente però alcune direttive ministeriali hanno vietato la possibilità di eseguire l’intervento di morcellazione del fibroma ( ovvero la frammentazione in più parti dello stesso ) pertanto questo tipo di approccio può essere seguito esclusivamente per fibromi che non superino i 5-6 cm di diametro massimo.

Isterectomia 

Questa tecnica viene utilizzata per rimuovere completamente l’utero dalla pelvi con conseguente permanente perdita della fertilità.

Ad oggi il tasso di mortalità per questo tipo di intervento è praticamente nullo come del resto è molto bassa anche la morbilità ad esso associata. Purtroppo questo tipo di procedura può esitare in cicatrici sulla parete addominale motivo per cui molte donne , soprattutto giovani, non sono propense a sottoporsi a questo intervento.

L’isterectomia è senza dubbio risolutiva e consente alla paziente di guarire da tutti quei sintomi come sanguinamenti e compressioni degli organi adiacenti all’utero ma comporta un’altissima invasività essendo demolitivo oltre che comportare spesso un notevole stress per la paziente che in questo caso si sottopone ad un vero e proprio intervento di chirurgia maggiore. 

Per questo intervento è richiesta un’anestesia generale con una permanenza in struttura sovrapponibile a quella già vista per la miomectomia laparotomica.

L’intervento ad ultrasuoni HIFU

E’ un intervento non invasivo che si avvale dell’utilizzo di ultrasuoni focalizzati

Mediante questo intervento è possibile produrre, all’interno del mioma uterino, un significativo incremento della temperatura allo scopo di creare una vera e propria necrosi coagulativa. L’intervento si esegue in risonanza magnetica con la paziente adagiata sul lettino per un periodo di tempo pari a circa tre ore.

Durante questo tempo il fascio di ultrasuoni viene orientato verso il fibroma con la stessa paziente che deve cercare di mantenere una posizione sempre stabile per tutta la durata dell’intervento.

La procedura, quindi, richiede un notevole impegno e sforzo della paziente che non sempre riesce a mantenere una posizione stabile per tutta la durata.

È un intervento che viene eseguito in regime ambulatoriale con un recupero molto rapido. 

Sebbene questa tecnica all’inizio del secolo presentasse grandissime prospettive ed anche il nostro Team è in grado di offrirla alla paziente, con il tempo molte aspettative purtroppo non sono state mantenute e il suo utilizzo è sempre meno frequente e richiesto. 

Infatti le dimensioni dei fibromi che possono essere trattati devono sicuramente essere contenute, generalmente non superiore ai 5-6 cm. Anche per tale motivo questa tecnica  ha mostrato minore efficacia in caso di fibromatosi, cioè in caso di più fibromi. 

E’ importante quindi sottolineare che ogni paziente che decide di sottoporsi a questo tipo di tecnica deve essere ampiamente informata che la percentuale di fallimento non è irrilevante e che spesso un solo trattamento può non essere sufficiente, in particolare se in presenza di fibromi multipli. 

Non è infrequente infatti che dopo intervento ad ultrasuoni la paziente venga programmata per eseguire un intervento di embolizzazione a pochi mesi di distanza nell’ottica di raggiungere la definitiva risoluzione della patologia.

L’ embolizzazione  dell’arteria uterina è presidio terapeutico utilizzato ormai da moltissimi anni sia in ostetricia che in ginecologia. Già a partire dai primi anni 80 l’embolizzazione dell’arteria iliaca interna poteva rappresentare un importante opzione terapeutica per il trattamento delle emorragie e/o dei sanguinamenti a livello pelvico

In alcuni casi gravati da sanguinamenti incoercibili l’embolizzazione veniva eseguita prima del trattamento di miomectomia nell’ottica di devascolarizzare il più possibile il fibroma in modo da ridurre considerevolmente il sanguinamento nel preoperatorio e durante lo stesso intervento chirurgico di rimozione del fibroma.

Vedremo in dettaglio successivamente cosa è l’embolizzazione e come si esegue.

Per un maggiore approfondimento apri  il PDF qui sotto.

Fibroma uterino-opzioni terapeutiche [16.749 Kb]